Quantcast
Channel: CONSULTORIO ALMA ONLUS »» Articoli
Viewing all articles
Browse latest Browse all 2

Organizzazione o regola? Riflessioni su un’esperienza scolastica

$
0
0

Di fronte all’esperienza del terreno che frana sotto i piedi

la risposta giusta non è quella di puntarli con maggiore forza,

ma di librarsi a una spanna da terra.

(Sclavi M.)

L‘idea di questo articolo nasce dalla possibilità di ripensare l’esperienza condotta in ambiente scolastico in qualità di insegnante e dalla necessità di poter rileggere con categorie teoriche ciò che viene quotidianamente “agito” all’interno di questo contesto di lavoro.

La possibilità di poter resocontare un’esperienza rendendola così narrabile e fruibile da parte della comunità professionale di appartenenza è sicuramente essenziale per chi ha a che fare quotidianamente con la costruzione di relazioni interpersonali in contesti culturali e sociali ben definiti, che inevitabilmente condizionano il proprio agire e ne sono influenzate.

Scrive Renzo Carli che “Resocontare significa utilizzare categorie che fanno riferimento alla relazione, per pensare le emozioni evocate entro la relazione e per parlare sulla relazione stessa in funzione di specifici obiettivi.(…) Le parole chiave nel parlare di resoconto, quindi, sono per noi: relazione, categorie, obiettivi, emozioni, pensare, parlare su. Resocontare significa passare dalle emozioni agite o pensate entro la relazione, ad una categorizzazione degli eventi relazionali attraverso il linguaggio, sia esso scritto o parlato: ad esempio entro l’interpretazione o più ancora la costruzione. Un resoconto comporta un “pensare su” nei confronti della relazione; “pensiero su” che si dispiega tramite l’utilizzazione di categorie e modelli capaci di organizzare quanto è avvenuto entro la relazione…”

La riflessione che propongo in questo articolo è stata recentemente stimolata da un percorso sviluppato con i bambini di una classe terza di una scuola primaria in relazione al concetto di “regola”. L’inizio dell’anno scolastico è sempre un momento importante in cui si ridefiniscono regole di comportamento, ruoli, responsabilità. Tuttavia quest’anno sentivo inutile ripetere o riproporre lo stesso decalogo comportamentale che da molto tempo i bambini recitano quasi come un rosario ripetendo a se stessi che “non si deve” correre, non si devono picchiare i compagni, non si deve parlare quando la maestra racconta o spiega delle cose…L’idea condivisa con il team di classe è stata quella di esplorare insieme ai bambini la loro percezione della “regola” e il significato attribuito a questa parola.

Un pretesto utilizzato per iniziare a riflettere insieme è stata la lettura di alcune storie che in un modo o nell’altro proponevano in maniera paradossale mondi possibili in cui qualcosa era assente: per esempio nel pianeta senza numeri, il pianeta di Nomat, gli abitanti non potevano usare i numeri perché non esistevano (Prosdocimi L., Conti e racconti); nel “Paese senza punta” di Gianni Rodari il protagonista Giovannino Perdigiorno, grande viaggiatore, si ritrovò in un paese in cui le rose non avevano le spine… “mentre coglieva la rosa faceva molta attenzione a non pungersi con le spine, ma si accorse subito che le spine non pungevano mica, non avevano punta e parevano di gomma, e facevano il solletico alla mano” perché le punte non esistevano ed erano sostituite da forme arrotondate.

L’assenza di alcuni aspetti intrinseci alla nostra esistenza e ormai scontati ha messo in crisi i bambini che si sono trovati a dover fare a meno di qualcosa per loro indispensabile o meglio percepito tale solo nel momento in cui gli è stato chiesto di privarsene. Per esempio è stato difficilissimo per i bambini rappresentare un paese senza punte perché gli spigoli ricomparivano in maniera insidiosa nel disegno, senza volerlo, quasi come un automatismo. Così come è stato complesso immaginare un’organizzazione planetaria che potesse prescindere dai numeri, così tanto presenti nella nostra vita. In questo modo i bambini si sono ritrovati ad avere dei “problemi” relativi al modo di misurare il tempo e l’età, di stabilire i compleanni, di usare il denaro, di organizzare la scuola e i giochi, le città, di decidere chi era il vincitore e chi il vinto.

L’esplorazione di un modo diverso di organizzare il reale li ha portati ad assumere un punto di vista nuovo su ciò che davano per scontato e ad ingegnarsi con le risorse che avevano a disposizione per proporre delle nuove soluzioni.

La possibilità di sperimentare l’ “assenza” di una dimensione nota e la possibilità di poter pensare a delle nuove soluzioni ha portato i bambini ad immaginare dei mondi possibili il cui funzionamento era determinato dalla loro fantasia e immaginazione. E allora ecco nascere il mondo dei draghi, quello delle principesse, quello dei giganti, dei cani, quello del nulla, quello delle papere e quello del divertimento. In tutti questi mondi possibili ci sono esseri viventi e ci si diverte molto, non esistono limiti, ma “prove” da superare che definiscono chi è dentro e chi è fuori dal pianeta, cioè in qualche modo ne sanciscono l’appartenenza. Le regole non esistono perché “le regole sei costretto a rispettarle perché qualcuno che è più potente di te le ha scelte” e “servono solo a non superare il limite, ad ammaestrare la gente”. Solo nel paese delle papere esiste la figura del “sindaco” che è eletto da tutti gli abitanti e deve far rispettare la legge. È proprio dall’incontro-scontro tra mondi diversi che nascono le occasioni migliori. “Il buon ascoltatore – scrive Marinella Sclavi – deve preferire quei segnali che gli appaiono al tempo stesso come trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze; deve accogliere volentieri i paradossi del pensiero ed esercitarsi continuamente nella gestione creativa dei conflitti. In pratica deve adottare una metodologia umoristica”.

La possibilità di ribaltare il proprio punto di vista sul mondo e di poterlo organizzare secondo i propri desideri porta a far fuori le regole percepite solo come dimensione esterna a sé, legata al potere e forse identificata con la scuola come luogo di “ammaestramento”.

Lo sviluppo di questo percorso, se da un lato ci ha portato a scoprire il significato attribuito ai bambini alla regola, dall’altro ci ha portato a confrontarci con un’altra dimensione emersa dai loro racconti e dalla descrizione dei loro mondi possibili e cioè la dimensione organizzativa.

I bambini si sono chiesti per esempio quale potesse essere l’organizzazione delle città nel pianeta senza numeri e con un brainstorming hanno prodotto varie associazioni: la parola organizzazione li ha fatti pensare alla necessità di trovare un accordo, una negoziazione tra pensieri o desideri diversi, alla necessità di stabilire dei ruoli che definiscano funzioni e possibilità, all’interno di una dimensione gruppale che non può prescindere dal mettere insieme idee progetti attività che rappresentino in maniera democratica tutti i partecipanti.

A livello didattico, questa riflessione ha rappresentato il pretesto con cui dare inizio al percorso disciplinare storico-geografico sviluppato nelle ore di compresenza dal team di classe, partendo proprio dalla riflessione suggerita da un alunno sull’organizzazione delle città nel pianeta senza numeri e, specularmente, nel pianeta Terra.

Inoltre lo sviluppo di questo percorso ha permesso a noi insegnanti e al gruppo classe di poter ripensare e riflettere sulle dimensioni organizzative del sistema scolastico, sui ruoli rivestiti da ciascuno e sui significati attribuiti a tali ruoli. Il gruppo classe in oggetto infatti stava attraversando una fase critica caratterizzata da una estrema dipendenza dall’insegnante nel rispettare le basilari regole di comportamento, manifestando talvolta comportamenti impulsivi e a volte aggressivi verso i compagni e le insegnanti. La possibilità di esplorare i codici affettivi, secondo la teoria di Franco Fornari, i sistemi di valore “in base ai quali si attiveranno specifiche relazioni in cui ognuno reciterà la sua parte” (Fornari F., Simbolo e codice) ha permesso a noi insegnanti di poter rileggere alcuni comportamenti e di dare loro un significato al fine di poter costruire una cultura locale che connota a livello emotivo la relazione studente-insegnante, implicando conseguenze all’interno delle dinamiche relazionali della classe e del rendimento scolastico. Questa riflessione ha portato le insegnanti ad assumere la consapevolezza che l’educazione educativa costruita finora era stata improntata prevalentemente al codice paterno: se ciò da un lato ha portato gli alunni ad essere protagonisti attivi del proprio processo di apprendimento in maniera autonoma, riflessiva e critica, capacità che possono essere pienamente riconosciute al gruppo classe, ha determinato anche lo sviluppo di un atteggiamento paritario con l’adulto, verso il quale in maniera quasi adolescenziale ci si rivolge spesso con modalità squalificanti e inappropriate. Lo stesso codice fraterno che permette di costruire strutture di potere paritetiche e improntate alla reciproca produttività, è una dimensione presente nella relazione educativa costruita in questi anni che tuttavia si è spesso irrigidita promuovendo una competitività di ostacolo agli obiettivi della relazione stessa.

La percezione della regola pertanto come dimensione esterna a sé denuncia un difetto di autonomia del gruppo classe caratterizzato da una estrema dipendenza dall’adulto-insegnante come regolatore del proprio comportamento. La sclerotizzazione e l’uso eccessivo di un codice affettivo a discapito degli altri ha determinato uno sbilanciamento verso un’autonomia ancora immatura, spesso solo recitata e che invece per essere autentica necessita dell’esperienza della dipendenza e del contenimento. E’ infatti solo l’integrazione tra i diversi codici affettivi, quella che Fornari auspicava, che può rendere efficace una relazione educativa capace di muoversi tra i bisogni di affetto, di dipendenza e di e riconoscimento dell’altro e tra quelli di autonomia e di collaborazione.

Le riflessioni raccolte fin qui hanno permesso a noi insegnanti di poter meglio conoscere e comprendere i significati attribuiti dalla classe a dimensioni spesso date per scontate, come quella regolativa, facendoci scoprire significati nuovi e imprevisti, come Perticari insegna.

Inoltre l’uso di “parole” diverse, dalle regole all’organizzazione, credo che possa aver rappresentato un modo nuovo di rileggere delle dimensioni scolastiche a volte percepite sature e sclerotizzate, e possa aver rappresentato per noi insegnanti e per la classe un modo nuovo e attivo per attribuire dei nuovi significati a ciò che spesso viene percepito come immodificabile e irraggiungibile, lontano da sé. Naturalmente questa scoperta non ha il sapore di una conquista ma al contrario quello di una strada in divenire, ancora da costruire, inventare, esplorare.

Simona Taglia


Viewing all articles
Browse latest Browse all 2

Latest Images

Trending Articles